titoli di coda

Gli X-menano

Ma mai come Schwarzy.

X-Men – Giorni di un futuro passato. Un futuro dove il passato verrà conservato in frigo e potrà durare fino ad un futuro successivo, senza andare a male.

Io mi gaso come la CO2 nelle bottiglie della Coca dopo l’esperimento con le Mentos, quando guardo questi film. Così tamarri, così nerd, così pomposi. Eppure così da ovazione e da lancio di reggiseno sullo schermo.
Non il mio. Quello del mio amico che mi ha accompagnato al cinema (so che hai ancora i capezzolini in tiro per il film, ammettilo!).

Un film che corregge certi errori del passato… del futuro… del condizionale… mi hanno un po’ confuso con questa pellicola. Comunque hanno sistemano certe incongruenze con i film che lo hanno preceduto (anche se qualche errorino secondo me è rimasto). A questo giro il nostro preferito, il Ghiottone (Wolverine), viene rispedito nel passato per cercare di fermare una catastrofe che porterà ad un futuro di disagi piuttosto gravi per gli X-Men. Tanto gravi che lo scenario assomiglia al mondo ai nostri giorni, con robot giganti che vogliono distruggere chiunque, anche gli affiliati con gli X-Men, lasciando in vita quelle poche elite di uomini merda.
In pratica, è proprio il mondo d’oggi.

 

Comunque bella la storia, bello l’adattamento dal fumetto, belli i casini che creano tensioni in successione, bella figa Mystica.

Immagine
Mysticazzi!!

 

Se siete anche voi degli appassionati della saga X-Men come me non potete quindi perdervi anche quest’ultima degna pellicola. Con il solito finale che anticipa il prossimo film, subito dopo i Tioly di coda. Dove appare un nuovo personaggio malvagio, molto blu: un puffo con il potere della puffaggine. Non vi anticipo altro, se non che si tratta di Puffo Apocalisse.

 

Tornato a casa dal cinema, l’azione per me non era ancora volta al termine, perché ho iniziato una maratona di film d’azione anni ’90 (finalmente finiti di scaricare) partita con il primo, grandissimo

Commando. Quello con Arnoldo Schwarzy. Quello dove lui cambia nome nello svolgersi degli eventi: all’inizio si chiama Lino, Commando Lino. Fa il bravo padre di famiglia, suonando il (com)mandolino per la figlia, la porta a prendere un gelatino, le racconta le storielline. Le solite cose da Bambi e sogno americano.

Ma le cose cambiano sempre velocemente in questi film.
Mentre scende dalla cima della montagna con un tronco secolare sulla spalla, buttato giù a suon di pugni mentre con la motosega accesa si prudeva la schiena, il nostro Lino si vede sconvolgere la vita per via del suo passato da militare. Gli rapiscono la figlia come ricatto per costringerlo ad andare a fare un golpe (tutto da solo, chiaro) in favore di un dittatore da poco spodestato. Lui ovviamente finge di acconsentire, ma è incazzato nero. Cambia quindi il suo nome da Lino a Spacca. Commando Spacca!

Molti di voi avranno sicuramente visto il film, quindi non sto qua a raccontare il banale, che a nessuno interessa. Vorrei però analizzare alcune scene, tra le più interessanti, che ho potuto notare meglio adesso, rivedendolo:

  • Spacca viene attaccato a casa sua dai cattivi. Lui va a prendere un fucile nel capanno degli attrezzi.
    Siccome abita con una bambina piccola, il fucile è ovviamente tenuto nascosto in una cassaforte con codice. Solo che il codice è 13. Lo si vede chiaramente che preme prima l’1 e poi il 3.
    Mi sono quindi immaginato Schwarzy che, quando si è fatto montare la cassaforte, l’installatore gli spiega come inserire il codice. Lino non capisce. L’installatore gli rispiega. Lino si sta innervosendo perché non capisce ancora. L’installatore preoccupato dall’aspetto minaccioso del culturista gli dice che il codice, su suo permesso, l’avrebbe inserito lui stesso. “Mi basta sapere quale numero vuole digitare per aprire la cassaforte. Ha al massimo 8 cifre da memorizzare.”
    “Metti il numero Tredici.”
    “Scusi?”
    “TREDICI.”
    “Senta signor Lino, forse servirebbe un qualcosa di più lungo e complicato, altrimenti chiunque potrebbe aprirla facilm…”
    “TREDICI. E IO SONO SPACCA, NON LINO.”
    “E voilà! Uno e tre! Fatto!”
    “AVEVO DETTO TREDICI. NON UNO E TRE.”
    Fucilata.
  • Spacca si getta da un carrello di un aeroplano, nel momento del decollo (la velocità raggiunta dagli aerei di linea varia tra i 250 e 290 km/h, da Wikipedia).
    L’aereo sì è già sollevato da terra di qualche metro e la pista di decollo è arrivata al termine. Lui si lancia e atterra su un canneto. Non so se avete presente le piante dei canneti. Sono delle vere e proprie lance. Io mi taglio anche solo guardandole, mentre Spacca si butta sopra, a culo aperto. Per via della velocità raggiunta con l’aereo avrebbe dovuto rimbalzare nel canneto per centinaia di metri, perdendo pezzi di corpo.
    Spacca però è fatto al 70% di benzina, 215% di muscoli, al 39% di pugni e 78% di rabbia, quindi ovviamente il canneto si spaventa nel vederlo planare e gli prepara subito un morbido letto di cuccioli di gatto su cui atterrare.
  • Il sogno di ogni cittadino americano si realizza nel momento in cui Spacca va a fare la spesa.
    Sfonda, con una ruspa trovata in strada, una parete rinforzata di un’armeria. Il negozio è fornito di un armamentario da far invidia alle bombe nucleari.
    Caricato un carrello della spesa con i calibri più grandi, si passa a quelli seri: esplosivi plastici, lanciarazzi e, il più micidiale di tutti, il pugno di Spacca.
  • Quelle cose che trasformano gli action movie in capolavori: Spacca e le sue quattro frasi da copione, tanto efficaci dette da lui.
    1 – Il suo “NO” austriaco quando il primo cattivo che incontra vorrebbe trattare con lui per il rapimento della figlia. La negazione è seguita da un ovvio colpo di fucile che fa lo stesso suono. NO!
    2 – Spacca solleva con un braccio un cattivo mingherlino sopra un burrone. Dopo aver ottenuto quello che voleva sapere: “Ricordi quando ti ho detto che ti avrei ammazzato per ultimo?”
    “Sì! L’hai detto! L’hai detto!”
    “Ti ho mentito.”
    Non è però questa la battuta clou. La brava ragazza che aiuta il nostro Spacca gli chiede cosa ne avesse fatto del mingherlino e lui: “L’ho lasciato andare”.
    Sarà anche banale, ma io ho tirato comunque il reggiseno contro lo schermo.
    3 – Lotta finale contro il suo arcinemico. Quest’ultimo ha recuperato un uzi, mentre Spacca un tubo in ferro dal diametro del 250. E si sa, se un uomo con un uzi incontra Spacca con un tubo del 250, l’uomo con l’uzi è un uomo finito. Difatti il tubo passa da parte a parte lo stomaco del malcapitato, infilzandolo ad un bollitore e creando uno sfiato da cui esce del vapore.
    Spacca: “Avevi la pressione alta”.
    E la figlia (che vede tutta la scena) sorride felice al suo papà di cemento.
    4 – Il generale di Spacca arriva con la cavalleria giustamente quando ormai è finito il film e gli chiede: “Hai lasciato qualcosa anche per noi?”
    “Solo cadaveri”.
    Sìììì, cazzo!!

 

Ciao, ciao. Da

Da Umpà, detto Tioly